Cura della pelle e microbiota: ecco quanto è emerso dal 25° congresso IFSCC (International Federation of Societies of Cosmetic Chemists) tenutosi a Milano.
La cura della pelle passa anche dal microbiota. Questo e molto altro è quanto emerso dal 25° congresso IFSCC (International Federation of Societies of Cosmetic Chemists) tenutosi a Milano in questi giorni, appuntamento fisso per aziende e ricercatori del mondo cosmetico internazionale. Se fino a qualche anno fa l’attenzione era focalizzata sull’azione a livello epidermico o sottocutaneo per il trattamento di inestetismi o per contrastare l’invecchiamento, negli ultimi anni abbiamo assistito a un interesse crescente rivolto al microbiota cutaneo.
Dermatologia e microbiota
La pelle, l’organo più esteso del nostro corpo nonché la prima barriera contro le aggressioni esterne, è fisiologicamente colonizzata da innumerevoli specie di microrganismi, batteri soprattutto, ma anche funghi, virus e archea che nel complesso costituiscono il microbiota cutaneo.
La variabilità di composizione e di espressione di tali microrganismi è estremamente elevata, registrando differenze sostanziali non solo inter- ma anche intra-individuali. Il microbiota del volto può difatti discostarsi da quello del collo, come del resto cambiare in maniera tempo-dipendente.
Questi microrganismi poi, oltre a essere strettamente interconnessi tra loro, si relazionano anche con il tessuto epidermico sottostante e uno squilibrio del microbiota cutaneo sembrerebbe implicato nell’insorgenza di disturbi o, in certi casi, di patologie epiteliali.
Di contro, un microbiota fisiologico favorirebbe di riflesso anche la salute della pelle. Ed è proprio su questo punto, come testimoniano i molteplici interventi che si sono susseguiti in questo congresso, che i ricercatori si stanno indirizzando.
Tramite l’applicazione di postbiotici o estratti naturali ad azione batterio-modulante sembrerebbe infatti possibile modulare il microbiota senza alterarne le caratteristiche fisiologiche, tra le quali la biodiversità, con risultati positivi sulla pelle sottostante.
È quanto dimostrano ad esempio gli studi coordinati rispettivamente da Federica Carlomagno e Ilaria Faccini.
Nel primo caso, il postbiotico ectoina è stato dapprima isolato e purificato e successivamente testato sia in vitro sia sull’uomo. L’ectoina, un derivato aminoacidico prodotto mediante fermentazione da batteri alofili, ha infatti la funzione di proteggere il batterio stesso dall’ambiente esterno (UV, temperature estreme, agenti chimici ecc.), agendo inoltre come regolatore osmotico.
Dopo averne verificato la capacità di mantenere la vitalità e il metabolismo cellulare trattando cheratinociti epiteliali umani con differenti concentrazioni del principio attivo (ectoina) in differenti condizioni di stress, nonché di stimolare la produzione di peptidi antimicrobici utili nel contrastare le infezioni, ne è stata testata la capacità immunomodulante.
Per farlo, i ricercatori hanno confrontato l’espressione di beta-defensina, una proteina immunitaria, di cheratinociti esposti a ectoina per 48 ore e per le successive 24 a lipopolisaccaridi (LPS) con quelli di controlli negativi (non trattati) e controlli positivi (trattati solo con LPS).
La coltura pre-trattata con ectoina ha dimostrato un aumento di beta-defensina 1 con conseguente maggiore protezione dagli insulti esterni.
Lo studio è quindi proseguito sull’uomo al fine di valutare la capacità del postbiotico di mantenere l’omestasi del microbiota cutaneo anche in presenza di condizioni ambientali avverse e i suoi effetti a livello della pelle. A 20 soggetti esposti abitualmente a elevati tassi di inquinamento è stata dunque applicata una crema a base di ectoina su metà del volto, una crema placebo sull’altra metà. L’analisi metagenomica della flora cutanea è stata condotta a 14 e 28 giorni dimostrando che il prodotto:
- è efficace nel bilanciare il microbiota. Rispetto al lato con placebo, l’espressione di alcuni Actinobacteria (il phylum maggiormente presente a livello cutaneo in condizioni fisiologiche) è infatti risultata più elevata
- ha migliorato l’idratazione della pelle del 3,9% e 5,5% a 14 e 28 giorni rispettivamente, oltre che la sua elasticità
- ha diminuito gli indici di secchezza e rugosità.
La crema ha perciò dimostrato non soltanto di rispettare il microbiota della cute, ma anche di ristabilirne l’equilibrio con benefici nella pelle sottostante.
Estratti naturali nei cosmetici e microbiota cutaneo
Passando invece agli estratti naturali, Ilaria Faccini e colleghi ha dimostrato come metaboliti di lampone artico (Rubus Articus), inseriti in un’opportuna formulazione cosmetica, siano in grado di stimolare le difese immunitarie riducendo di contro la risposta immunitaria, agendo sull’equilibrio del microbiota e rispettando la funzionalità cellulare dell’epidermide. L’estratto di Rubus Articus si presenta quindi come un potenziale prebiotico.
Test in vitro e in soggetti con pelli secche o molto secche hanno infatti dimostrato come una sua applicazione abbia:
- promosso l’espressione di geni coinvolti nei meccanismi di difesa e riconoscimento dei patogeni quali TRL2 o HBD3
- favorito la capacità di riparazione delle ferite e l’integrità dello strato corneo agendo sulle giunzioni inter-cellulari dei cheratinociti
- ridotto la risposta infiammatoria modulando la sintesi di citochine anche in presenza di infezione da S. aureus
- migliorato gli indici di idratazione della pelle
- incrementato leggermente la biodiversità del microbiota modulando l’espressione dei tre principali phyla batterici (Actinobacteria, Firmicutes e Proteobacteria)
- sostenuto la proliferazione del commensale S. epidermidis e ostacolato quella del patogeno S. aureus.
Questi e molti altri gli spunti da IFSCC 2019, dal quale emerge anche nel settore cosmetico una sempre più crescente sensibilità al mondo del microbiota fondata su basi scientifiche. Trattare il microbiota per trattare la nostra pelle quindi. Un concetto che promette di cambiare il futuro target di questo settore.
Articolo tratto da microbioma.it